martedì 6 novembre 2007

Tristi partenze di Nobili penne


"Buonasera, scusate se sono un po' commosso, e magari si vede. C'è stato qualche inconveniente tecnico e l'intervallo è durato cinque anni. C'eravamo persi di vista, c'era attorno a me la nebbia della politica e qualcuno ci soffiava dentro. Vi confesso che sono molto felice di ritrovarvi. Dall'ultima volta che ci siamo visti sono accadute molte cose e per fortuna qualcuna è anche finita. Ci sono momenti in cui si ha il dovere di non piacere a qualcuno, e noi non siamo piaciuti."

Sono un giornalista che ricorre, con una certa frequenza, alle citazioni: perché ho memoria e perché ho bisogno di appoggi: c'è qualcuno al mondo che la pensava, o la pensa, come me.

Sto dall'altra parte, quella che simpaticamente il premier ha definito «coglioni». Credo che tutti i giovani, figli di ricchi o di poveri, debbano avere gli stessi diritti allo studio e uguali possibilità nell'affrontare la vita; credo nella magistratura, nella sua indipendenza, e che tutti possano difendersi qualunque sia il conto in banca, quindi non credo alle trame; credo nella libertà di espressione, cioè giornali e televisioni liberi di criticare il potere; credo che non debbano esserci prevaricazioni né leggi ad personam, per sé, familiari o amici; credo che la pace debba sempre vincere sulla guerra; infine credo che non si debbano imbarcare fascisti e neonazisti per un pugno di voti. Non mi fido di chi ha avuto cinque anni e li ha spesi male. E non ho mai sopportato quelli che fanno promesse e non le mantengono.

Conosco tipi che sarebbero brutti anche in Corea

Credo che la libertà sia uno dei beni che gli uomini dovrebbero apprezzare di più. La libertà è come la poesia: non deve avere aggettivi, è libertà.

È difficile non desiderare la donna d'altri, dato che quelle di nessuno di solito sono poco attraenti.

La mia generazione trovava eccitante leggere un'edizione della Divina Commedia con le illustrazioni del Doré. Adesso sui muri c'è scritto Culo basso bye bye. Capisce che è un po' diverso?

Qualche volta è scomodo sentirsi fratelli, ma è grave considerarsi figli unici.

Siamo tutti fratelli, ma è difficile stabilire chi è Caino e chi Abele.

Il colera passa, i Gava restano. È dunque vero che se ne vanno sempre i migliori.
(per chi non lo sapesse Gava era lo stereotipo del politico italiano. Figlio "d'arte", suo padre fu 11 volte ministro, appertenente alla democrazia cristiana poi votato ad alleanza nazionale. Più volte accusato di collusioni mafiose. n.d.r.)

Arrivederci Signor Giornalista.

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