giovedì 18 settembre 2008

Richard William Wright

C'era una canzone e ci sarà per sempre. E' da quasi un anno che la passo con regolare frequenza. La amo perchè l'avevo riposta nel cassetto dei ricordi e poi l'ho ritirata fuori, spolverata e risentita. Ho iniziato a distaccarmi da tutto, concentrato solo sulla musica e sui sogni che riusciva a trasmettermi, mi staccava dal mondo reale. L'ho usata per ricordare un grande nella mia ultima puntata delle "Divagazioni".
Poi ho dato un'occhiata al blog del mio Maestro, Amico, Collega Benedetto Ferrara e ho scoperto che anche lui ha lo stesso rapporto con quella canzone ed essendo lui più bravo e anche più abituato a scrivere di me ho decisso di ripubblicare il suo post di ricordo a Richard Wright. Ovviamente con il consenso dell'autore a cui vanno i miei infiniti ringraziamenti. Questo che segue è il suo post:

L'Estate del '68 (Goodbye Richard)

Arbitro sciocco (aggettivo vintage) , Fiorentina ingenua ma comunque grande. Un po’ di rabbia c’è, ma io mi prendo questo punto e, soprattutto, mi tengo stretto una squadra che in Champions può starci eccome.

E poi.

Ho camminato per le strade di Lione e ho scoperto (beh, non la conoscevo) una città deliziosa, serena, piena di studenti, di vita, di cose da fare. Giornata bellissima, tra l’altro. Quindi, a un certo punto ho tiato fuori l’i-pod e mi sono ricordato di ricordare. Cioè di dire grazie. Pare forse un po’ esagerato, ma la gratitudine è l’arma più preziosa che abbiamo per migliorarci sempre. E vale anche per cose che forse sembrano non proprio fondamentali. Insomma, io Richard Wright non l’ho mai conosciuto. Ma, per l’arte è così, spesso anche senza un contatto fisico nasce il come se. Come se fosse un amico, un maestro. O uno che comunque ti ha dato qualcosa. Quindi ho ricercato una traccia. E poi ho chiuso gli occhi dentro un pomeriggio di mezza estate. Non è quella del 68, citata dalla canzone, ma quella di 40 anni dopo. Ogni artista ha la sua storia. Ci sono quelle piene di fascino e di mistero (come quella di Syd Barret) e quelle che restano dietro le quinte. Di certo il tastierista dei Pink Floyd, così come Nick Mason, è vissuto all’ombra dei nervi che ballavano in mezzo a Gilmour e Waters. Certo che in un primo pomeriggio francese ho trovato la dolcezza di un sogno psichedelico e la gratitudine per una band che ha inventato qualcosa davvero e che ha insegnato tanto a tanti. A me, per esempio, hanno dato una mano a imparare a chiudere gli occhi e immaginare. Tutto semplice. E bellissimo.

Grazie Richard.

Benedetto Ferrara da Rock&Gol

Benedetto scrive di calcio su La Repubblica, fa documentari a giro per il mondo, ama la musica e conduce una trasmissione che riprenderà ad ottobre il lunedì sera su Controradio alla quale va il mio ringraziamento per avermi cresciuto a pane e musica non omologata.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti per il post.
Senza la sua tastiera non ci potranno essere più i Pink Floyd.
Anch'io l'ho ricordato nel blog di un amico.
Allego il link collegato sul mio nome se vorrai lasciargli un ricordo anche lì.
Ciao Rich.
Gio.

Anonimo ha detto...

good start